“Sembra mio figlio”, il drammatico film di Costanza Quatriglio  – vincitore del Nastro della Legalità – è la storia di Ismail e Hassan, due fratelli appartenenti all’etnia hazara costretti a scappare in Europa. Il popolo degli hazara è il tema centrale del film. Questa popolazione rappresenta una minoranza etnica, che negli anni ’90 ha subito diverse persecuzioni da gruppi terroristici dei Sunniti. Per questo motivo centinaia di uomini e donne hazara sono emigrati in paesi come il Pakistan e l’Iran, dove tutt’oggi continuano a non avere una libertà assoluta. Ismail è una di queste persone, è un bambino che cresce con i valori occidentali e nel corso del tempo perde totalmente i rapporti con la sua famiglia e la sua cultura. Un giorno, però, iniziano ad arrivare delle inquietanti telefonate da parte della sua comunità originaria. Attraverso di esse, l’ormai adulto, Ismail riesce a mettersi in contatto con la madre, ma la donna, che non ha mai perso la speranza di rivedere i propri figli, ha totalmente dimenticato loro volti. Ismail prende così l’iniziativa di partire per l’Afghanistan in cerca della madre. Il film inizia lentamente, poi verso metà esplode attraverso scene di guerra, ma la maggior parte delle scene sono dominate dal silenzio, sono pochi e in lingua originale i dialoghi tra i personaggi. I silenzi di “Sembra mio figlio” dicono più di mille parole. Le scene sono dominate dai sentimenti, più che dalla sceneggiatura dei dialoghi. La Quatriglio attraverso le espressioni dei personaggi mette in scena quasi un documentario, nel quale vengono a galla tutta la debolezza e la crudeltà di cui è capace l’uomo.

Sofia Cesaroni