«C’è stato un  momento in cui tutte e tre vi siete sentire dire “Stai zitta, non fare rumore”»? Inizia con questa domanda diretta del giornalista di Donna Moderna Gianluca Ferraris, l’incontro “Donne che alzano la testa”, ospitato, nella prima giornata di Trame 9.

A rispondere alla domanda tre donne, occupate in ambiti diversi ma con l’intento comune di non far passare inosservate storie di donne coraggiose. Stiamo parlando di Ester Rizzo, scrittrice e docente di letteratura femminile; Marisa Manzini, magistrato entrata a far parte da poco della Commissione parlamentare antimafia; e Maria Teresa Morano, dell’associazione Antiracket Calabria.

“Fai silenzio ca parrasti assai”(fai silenzio che parli troppo), è la frase urlata a Manzini durante il processo contro lo ‘ndranghetista Pantaleone Mancuso, a Vibo Valentia.Per il magistrato, la capacità dei gruppi mafiosi di essere presenti, è data dalla legge del silenzio, che potrà rompersi solo quando tutti capiranno l’importanza della parola e della denuncia.

Diversa è la storia raccontata nel suo libro “Le ricamatrici” da Ester Rizzo, in cui parla della storia realmente accaduta negli anni ’70 di Filippa Pantano, siciliana, che guida altre donne a ribellarsi alla mafia e ai soprusi esercitati sulle lavoratrici da casa, combattendo un sistema prettamente maschile. Grazie al gruppo delle ricamatrici di Santa Caterina Villarmosa, fu istituita la legge n° 877 del 18 dicembre 1973, che tutela il lavoro a domicilio. Ma il finale è amaro, poiché alla fine su di loro cala il silenzio. «Questa storia non poteva restare ancora nell’oblio – dice emozionata Ester Rizzo – io l’ho consegnata alle nuove generazioni affinché abbiano dei modelli di donne coraggiose da seguire».

Di natura ancora diversa è l’esperienza di Maria Teresa Morano. Figlia di imprenditori di Cittanova, l’azienda di famiglia subisce, agli inizi degli ’90, richiesta di pagare il pizzo. Richiesta alla quale si ribella, denunciando insieme ad altri 11 imprenditori la richiesta di estorsione. «Noi e gli altri imprenditori eravamo tutti terrorizzati – sottolinea – ma tutti avevano al loro fianco delle donne che hanno incitato i mariti ad andare avanti nella battaglia, cambiando il volto della cittadina della Piana.»

Anche nelle famiglie ‘ndranghetiste c’è stata da parte della donna un cambiamento di rotta. Pronte a trasferire ai figli gli “svalori” di una vita ‘ndranghetista fino a poco tempo fa, iniziano ad assumere, per amore dei figli, la consapevolezza che esiste un altro modo di fare e di vivere.

Si evince che ormai la paura è solo un alibi. Se vogliamo che la mafia non vinca, parlare è doveroso «basta affidarsi – conclude Maria Teresa morano – alla forza delle reti che aiutano a venire fuori da questa cappa di omertà».

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Intervista Ester Rizzo