Marco Travaglio, direttore de Il Fatto Quotidiano, si occupa di mafia, malapolitica e del fenomeno della corruzione. Sul palco di Trame presenta il suo libro “Padrini Fondatori. La sentenza sulla trattativa Stato-mafia che battezzò col sangue la Seconda Repubblica” – scritto in collaborazione con Marco Lillo – in una conversazione con Gaetano Savatteri. Il problema che Travaglio desidera mettere in risalto è quello sulla scarsa informazione che c’è stata sugli avvenimenti dal ’92 fino ai giorni nostri. Dalle stragi degli anni ’90, che hanno visto come vittime Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, gli agenti della scorta e Paolo Borsellino, a quelle che hanno coinvolto comuni cittadini innocenti. Travaglio racconta che nel suo libro si possono trovare informazioni inerenti alla sentenza di primo grado del 20 aprile 2018, promulgata dalla corte d’Assise di Palermo sulla trattativa Stato-mafia. Una trattativa portata avanti dallo Stato stesso e ideata e pretesa proprio dalla mafia, come un ricatto ben riusciuto. La mafia – ha continuato Travaglio – faceva le stragi proprio per indurre lo Stato a trattare, perciò se lo Stato trattava, la mafia otteneva quello che voleva». Secondo questa sentenza, infatti, la trattativa non solo non ha frenato nuove stragi ma le ha moltiplicate.
La mafia ha sempre avuto come obiettivo quello di arrivare a trattare con lo Stato, nel quale sono integrati anche politici, giudici e forze dell’ordine corrotti. È chiaro, a questo punto, che si trattasse di stragi organizzate ad hoc, per mettere in ginocchio lo Stato, per arrivare ad un compromesso che favorisse la mafia. Le stragi hanno avuto fine nel 1994, quando il governo italiano dell’epoca ha potuto garantire una messa in atto delle promesse e degli accordi segreti stipulati con la criminalità. Tutto questo lo sappiamo grazie alle confessioni dei pentiti mafiosi, nel maxiprocesso che ha visto coinvolti più di 5000 indagati. «Sono più i mafiosi pentiti che i politici collusi pentiti» ha dichiarato Marco Travaglio. «Purtroppo tutto questo sangue versato, questi sacrifici e questa violenza – afferma Travaglio –  hanno influenzato troppo poco l’opinione pubblica. Infatti i giornalisti, i magistrati, i programmi culturali che si accupano di mafia sono, ai giorni nostri, sempre di meno»